Stagione 1
VIDEOCAST
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Alessandra Morano
Università degli studi di Roma
intervista
Mario Tombini
Università Campus Biomedico di Roma
Dialogo Epilessia e Disturbi cognitivi: “Le relazioni pericolose” – Prof. M. Tombini Tra epilessia e disturbi cognitivi esiste un rapporto estremamente complesso e pieno di sfaccettature: infatti, se è vero che l’epilessia può svilupparsi nel contesto di quadri sindromici – siano essi a eziologia genetica o acquisita – di cui i deficit cognitivi sono parte integrante, è altresì vero che questi possono emergere nel corso della patologia, verosimilmente in relazione alla severità e durata della stessa, come pure all’azione dei farmaci anti-crisi, il cui peso sulle funzioni cognitive è tutt’altro che trascurabile. Più recentemente diversi studi clinici e pre-clinici hanno poi affrontato il tema del rapporto tra epilessia e demenza – in particolare la malattia di Alzheimer – un rapporto denso di interazioni reciproche, ancora in attesa di definizione e, soprattutto, di efficace traslazione nella pratica clinica.
Alessandra Morano
Università degli Studi di Roma
intervista
Giovanni Assenza
Università Campus Biomedico di Roma
Dialogo Neuromodulazione: “Tutta questione di network” – Dott. G. Assenza
Sebbene il trattamento dell’epilessia si basi principalmente sull’impiego di farmaci anti-crisi, l’armamentario terapeutico include anche approcci non farmacologici: la chirurgia, la dieta chetogena e la neuromodulazione. Le metodiche di neuromodulazione si basano sull’applicazione – diretta o indiretta – di stimoli elettrici al sistema nervoso centrale, e sono impiegate con finalità prevalentemente palliative nelle epilessie farmaco-resistenti non candidabili alla chirurgia. Alcune di queste tecniche (in particolare la RNS) offrono uno straordinario vantaggio secondario: la possibilità di registrare l’attività epilettica addirittura per anni, ottenendo dati potenzialmente fondamentali per la predizione delle crisi nel singolo paziente. Nonostante il loro impiego ancora abbastanza limitato, le metodiche di neuromodulazione si candidano a rivestire un ruolo di grande rilievo in un futuro non troppo lontano, fatta salva la necessità di identificare biomarkers predettivi di risposta che siano applicabili nella pratica clinica.
Lorenzo Ricci
Università degli Studi di Roma
intervista
Laura Tassi
Centro di chirurgia per l’epilessia “Claudio Munari” – Ospedale Niguarda Milano
Razionale del dialogo “La finestra sul cervello”
Per i pazienti con epilessia focale farmaco-resistente, la resezione chirurgica della zona epilettogena è un’opzione terapeutica fondamentale e da prendere sempre in considerazione, in quanto può comportare un significativo miglioramento clinico o anche la libertà da crisi.
Per avere successo, la chirurgia dell’epilessia richiede una valutazione prechirurgica completa ed approfondita, che include accertamenti clinico-diagnostici a vario livello di complessità: dalla semiologia clinica associata alla registrazione EEG delle crisi (correlazione anatomo-elettro-clinica), alla risonanza magnetica (MRI) ed, in alcuni casi, ad indagini di neuroimaging più avanzate come l’Electrical Source Imaging (ESI) o la Magnetoencefalografia (MEG).
Tuttavia, i test prechirurgici sono spesso insufficienti per localizzare con precisione la zona di insorgenza delle crisi, che è lo stimatore più affidabile della zona epilettogena. L’EEG intracranico è necessario per questo scopo , ma non è esente da complicazioni chirurgiche e offre solo una copertura cerebrale parziale. Per tale motivo ed in considerazione anche delle possibili complicanze della chirurgia, molti neurologi tendono ad inviare solo tardivamente il paziente per una valutazione pre-chirurgia, con conseguente ritardo nell’iter terapeutico e ampio sotto-utilizzo della chiurgia dell’epilessia, nonostante le sue grandi potenzialità, sia in Italia che all’estero.
Verranno discussi le possibili indicazioni, complicanze e novità in ambito tecnico-diagnostico della chirurgia dell’epilessia. Si discuteranno inoltre le tempistiche e le modalità in relazione allo scalaggio della farmacoterapia anti-epilettica in seguito ad una chirurgia dell’epilessia presunta di successo.
- Quali sono le indicazioni della chirurgia dell’epilessia? Esiste una tipologia di pazienti in cui possiamo aspettarci con maggiore probabilità la libertà da crisi dopo la chirurgia?
- La valutazione prechirurgica: quali indagini risultano “mandatorie” prima di indirizzare il paziente ad un centro pre-chirurgico? Quali sono le novità più emozionanti nell’ambito delle tecniche di localizzazione non-invasive del focus epilettogenico tramite neuroimaging?
- Le complicanze della chirurgia: quali le più temute? Che strategie possono essere messe in pratica per evitarle? Nella sua esperienza, quali indagini possono darci informazioni prognostiche in merito all’outome cognitivo, comportamentale e neurologico?
- Secondo lei, quali sono le cause più importanti di tale fenomeno? Che strategie possiamo utilizzare per incentivare l’invio precoce di un paziente potenzialmente candidabile a chirurgia?
- Scalaggio dei farmaci anti-epilettici dopo chirurgia dell’epilessia: quanto precocemente e come iniziare? Quando possiamo essere “sicuri” dell’effettivo successo della chirurgia?
Alessandra Morano
Università degli Studi di Roma
intervista
Emilio Russo
Università Magna Graecia di Catanzaro
Razionale del dialogo “Ritorno al futuro”
La ricerca farmacologica in epilessia è tra le più attive in ambito neurologico, e almeno 10 nuovi farmaci sono stati commercializzati negli ultimi 15 anni. Nonostante il miglioramento del profilo di tollerabilità e sicurezza dei nuovi anti-epilettici, la percentuale delle persone con epilessia farmaco-resistente è rimasta pressochè invariata, con importantissime implicazioni in termini di benessere psico-fisico, qualità di vita e costi per il sistema sanitario nazionale. Il tentativo è quindi quello di “cambiare strategia”, ricollocando molecole impiegate in altre patologie ma risultate efficaci sulle crisi e, soprattutto, testando vecchi e nuovi composti in specifiche sindromi cliniche – o finanche con una specifica causa genetica – nel contesto di una medicina sempre più “di precisione”. Ma la vera speranza è che il paradigma di trattamento possa cambiare ulteriormente, passando dai farmaci attivi sulle crisi a quelli in grado di interferire con i meccanismi dell’epilettogenesi (molteplici e purtroppo ancora in parte da approfondire), che si configurerebbero a tutti gli effetti come “disease-modifying therapies”. I primi passi su questa strada sono già stati fatti: il futuro, a quanto pare, non è così lontano.
- Quali sono – in breve – le basi biologiche della farmaco-resistenza? Perché un paziente farmaco-resistente è refrattario a composti con meccanismi d’azione del tutto diversi?
- Cosa si intende con anti-epilettogenesi?, e a che punto siamo su questa strada?
- Quali sono le principali difficoltà della ricerca farmacologica in questo campo?
- Quali sono le basi per delle indicazioni così restrittive dei cannabinoidi ?
- Quali sono le peculiarità del CBD, anche in termini di gestione pratica?
- Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Un’espansione delle indicazioni per il CBD o piuttosto lo sdoganamento di altri cannabinoidi per il trattamento dell’epilessia?
- Quali sono le implicazioni dell’impiego di un composto purificato rispetto a una “miscela” di fitocannabinoidi?
Lorenzo Ricci
Università degli Studi di Roma
intervista
Barbara Mostacci
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna
RAZIONALE
L’ era moderna dei farmaci anti-epilettici, che abbraccia un periodo di oltre 150 anni dal primo uso del bromuro nel 1857, ha visto l’introduzione nella pratica clinica di un gruppo eterogeneo di farmaci con buoni parametri di efficacia e sicurezza. Tuttavia, di fronte ad un così vasto armamentario terapeutico, la scelta del farmaco anti-epilettico ideale in termini di efficacia e sicurezza può risultare complessa.
I farmaci anti-epilettici infatti (o “anti-crisi”), presentano meccanismi d’azione molecolare ed effetti collaterali diversi che possono essere più o meno indicati in base al singolo contesto clinico. Un accurato raccordo anamnestico epilettologico ed un corretto inquadramento diagnostico permetterà al neurologo di effettuare una scelta mirata e consapevole in relazione alla prima terapia farmacologica anti-epilettica.
- Come orientarsi tra i vari FAE? Quale meccanismo d’azione preferire in base al contesto clinico?
- Effetti collaterali: Quali i più comuni? Esistono delle strategie per poterli prevenire o gestire precocemente?
- “Nuovi” farmaci anti-epilettici: sempre da preferire rispetto ai farmaci di vecchia generazione? Quali novità possiamo aspettarci in ambito di sviluppo farmacologico o da eventuali farmaci in via di approvazione in Italia?
- Farmaco-resistenza: Cosa fare? Provare un FAE aggiuntivo (terzo/quarto add-on)? O sostituire il farmaco “meno efficace”?
- Monitoraggio plasmatico dei FAE: Perché richiederlo? Ed ogni quanto? In quale situazione clinica può essere particolarmente utile? E per quali FAE in particolare?
Alessandra Morano
Università degli Studi di Roma
intervista
Liliana Grammaldo
IRCCS Neuromed Istituto Neurologico Mediterraneo – Pozzilli (IS)
“Memoria e Pregiudizio” (Dott.ssa L. Grammaldo)
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le patologie neurologiche rappresentano la prima causa di disabilità nel mondo: tra queste l’epilessia ha un posto estremamente rilevante, non solo per ragioni epidemiologiche ma anche perché è una patologia che può interessare tutte le età e accompagnare il paziente per anni. Tra i fattori che influiscono sulla qualità di vita delle persone con epilessia non si annoverano solo il controllo delle crisi, il carico farmacologico e le comorbidità cognitivo-comportamentali, ma anche il cosiddetto stigma: un “marchio” invisibile che – purtroppo da millenni – la persona con epilessia si porta addosso e, soprattutto, dentro. In occasione della Giornata Mondiale dell’Epilessia, è il caso di chiedersi e di ricordarsi cos’è lo stigma, da dove origina e come lo si affronta, per cancellarlo definitivamente.
Alessandra Morano
Università degli Studi di Roma
intervista
Antonietta Coppola
Università Federico II di Napoli
“Una, nessuna e centomila epilessie” (Dott.ssa A. Coppola)
L’epilessia è forse la patologia più polimorfa in natura, per cause, forme e manifestazioni cliniche attraverso cui si esprime, e che sono uniche per ogni singolo paziente. La diagnosi prevede crescenti livelli di complessità, a partire dal riconoscimento delle crisi in quanto tali – compito tutt’altro che semplice, alla luce delle possibili similitudini con altri fenomeni transitori/parossistici quali le sincopi, l’emicrania, i disturbi del movimento e le parasonnie – fino ad arrivare all’identificazione della specifica sindrome epilettica e dell’eziologia che la sottende. Sebbene la raccolta dell’anamnesi e l’attenta valorizzazione dei segni clinici tutt’oggi rappresentino il punto nodale della diagnosi, gli esami strumentali – in primis l’EEG e gli studi di neuroimaging – possono fornire degli importanti elementi di supporto. Allo stesso modo, le indagini genetiche sempre più spesso rivestono un ruolo fondamentale, configurandosi come un imprescindibile strumento diagnostico nell’era della medicina (e dell’epilettologia) di precisione.
Impatto degli home-video nella pratica clinica? Come farli?
– EEG: è sempre necessario per la diagnosi? Quali elementi utili ci può fornire?
Tanti tipi di EEG (video, deprivazione ipnica, 24h): quale scegliere e quando?
– Genetica: quando richiedere un approfondimento genetico nel pz epilettico? in presenza di quali caratteristiche?
Come orientarsi tra i vari test? Brevemente, quando richiedere pannello di geni, a-CGH o esoma?